(Non) Siamo gli Epigoni
Siamo dei dinosauri. Il futuro non ci appartiene, e il presente fa’ di tutto per ricordarcelo. Di cosa parlo? Di un mixtape (DJ MP45 perdonami l’uso improprio del termine e Reiser abbi pietà di me) di Nicki Minaj, e di cosa se no?
Tutto nasce dall’ascolto del mixtape di DJ Delz, intitolato con il solito gusto criptico There’s Something Abut Nicki (tenete a mente il nome perché poi tornerà, nel discorso). Ascolto che, al di là dei gusti personali (se seguite il blog potete immaginare da che parte io stia), è interessante perché mi ha fatto capire come la mia specie sia da proteggere al più presto, in quanto prossima all’estinzione. Abbiate pazienza e seguitemi nel ragionamento, ché esso è, se non contorto, quantomeno non il massimo della linearità.
Partiamo da un assunto incontrovertibile: i mixtape di oggi sono probabilmente l’ascolto più interessante che si possa sperare di fare. Mi spiego meglio: il formato album, con buona pace di noi dinosauri e nonostante i tentativi (velleitari, secondo me) della Apple, è deceduto. Amen. Quante persone conoscete che hanno le playlist dell’iPod solo per gli album? Io mi guardo allo specchio, poi basta. A meno che non si tratti di “veri appassionati” di musica, qualunque essa sia, che però, a quanto mi risulta, non esistono più (chiedete conferma agli M.O.P.).
Le ragioni della morte del formato album sono molteplici: il discorso è lungo e non lo affronterò, ma è indubbio che ci sia un forte legame con la moderna modalità di fruizione dei media. Ovvero la modernità, che lo vogliamo o no, impone una fruizione veloce e, in qualche maniera, superficiale (senza stare a fare indagini sociologiche, il mondo preferisce leggere i tweet che non un libro. E parlo di velocità, non sto esprimendo giudizi sulla qualità).
In questo senso, deprivato il mixtape di ogni possibile valore commerciale (quanto avrà venduto Warning Shots 2 di Saigon? 30 copie?), il formato resta quello migliore per diventare una palestra dove l’artista può fare TUTTO ciò che vuole. Questa frase ambigua, nel mondo moderno, significa non certo sperimentare (almeno non nel senso tradizionale), ma essere sé stessi. Tanto meglio se ciò avviene in maniera amatoriale, con le proprie idiosincrasie e difetti innati, ché tanto l’ascoltatore vuole ossessionarsi ed essere ossessionato/ossessionante con quelli.
Oggi è il formato mixtape a fornire la maggior soddisfazione all’ascoltatore medio. Che si tratti degli ultimi album di Ghostface e Raekwon (che suonano esattamente come ci aspetteremmo da un buon mixtape), che sollazzano il (buon) gusto del fruitore “classico”, o degli ultimi “capolavori” di Gucci Mane o di Lil Wayne, che invece fanno leva sul cosiddetto “egocasting” dello stan ossessionato da un malposto senso di completismo nei confronti del proprio idolo, poco importa.
La ricollocazione del proprio rapper preferito nella “confort zone” di un cut-and-paste di versi e beat “riscaldati”, tenuti insieme dalle urla del DJ medio funziona, ed è il metro di giudizio cui la “modernità” dovrà confrontarsi, nel bene e (soprattutto) nel male.
Se avete seguito fino a qui e siete più o meno d’accordo con l’inevitabilità di certe mie conclusioni (che, ovviamente, non significa che mi rendano felici, giusto per esplicitare ulteriormente ciò che dovrebbe essere ovvio), non potrete non intuire dove sto andando a parare.
La Young Money è il futuro. Il motivo? Semplice, sta spingendo fino alle estreme conseguenze i prodromi di quello che nel mondo musicale in primis e poi nell’hip hop sta accadendo da anni. Come Necro porta alle estreme conseguenze l’oggettivazione della donna (ha, non vi aspettavate Necro nello stesso post di Nicki Minaj, vero?), la Young Money esaspera le velleità pop insite nel genere sin dal giorno che quel tizio di Los Angeles campionò i Funkadelic in quell’album di cui forse avete sentito parlare, The Chronic.
La Young Money è la cosa più vicina alla perfezione pop che sia mai stata concepita per quanto riguarda l’hip hop. Intanto, il roster è strutturato come quello di una boy band, se ci pensate. C’è quel senso di trasversalità, sia a livello regionalistico che di “ceto sociale”, che sta alla base di ogni moderna boy band. A livello di presentazione siamo di fronte alla quadratura del cerchio, a livello di marketing: Wayne è il “genio”, lo stralunato alieno che si autoproclama “best rapper alive” (e che nel paradossale mondo moderno, automaticamente per la massa lo diventa), Drake è il bello, lover-boy nordista di classe, Gudda Gudda il rapper del ghetto col tatuaggio in faccia, Mac Maine il “tradizionalista” (che viene sempre buono per gli adlib), e Nicki Minaj la versione ghetto-puttana di Britney Spears. Quanto è lontana una presentazione del genere dai Backstreet Boys?
Non è certamente sorprendente che altri artisti dalla visione simile a quella di Lil Wayne assemblino un roster simile. Vedi Bangladesh, altro “genio” di cui ho già parlato, e Kanye e la sua G.O.O.D. Music.
Ovviamente, Kanye (come G.O.O.D. Music) fallisce non solo per il proprio egocentrismo, ma anche perché a livello commerciale Malik Yusef e Consequence sono una palla al piede, e Bangladesh perché manca di una visione effettivamente pop e di una potenziale superstar con carisma (e infatti l’unico con “buzz” della sua crew è lui, a parte un po’ Muffy).
Invece Lil' Wayne ci vede bene. Se Weezy fosse un colore, diciamo il rosso, ogni membro della sua crew ne sarebbe una tonalità. E qui entra in scena Nicki Minaj, che sarebbe ovviamente il rosso cremisi, simbolo dell'amore e della lussuria. La sua immagine sessuale spinta fino al parossismo (ma idealizzata nella stessa maniera di quelle delle pop-star odierne) è talmente sopra le righe da diventare “altra” (la materia di cui sono fatti i sogni, per citare un poeta inglese di un certo livello). Nicki Minaj-Nicki Lewinsky è tanto coinvolgente e poco credibile quanto un Rick Ross che fa il boss del narcotraffico o Jeezy che sembra il boss della coca di Atlanta. Ma più ci si allontana da una visione realistica del sesso (Necro docet), più ci si avvicina alla dimensione ideale della mercificazione del sesso stesso. Funzionava per quello che Grant Morrison felicemente definiva “L.A. porn”, nella stessa maniera in cui funziona per la Britney Spears “adulta” e, ancora di più, per la nostra Nicki. E ciò non è casuale, se si pensa che la Young Money spinge il pedale soprattutto su quello che possiamo definire “twitter rap”, dove i riferimenti al crimine e al ghetto vanno via via rarefacendosi per lasciare spazio a una visione materialista del mondo in cui l’emotività diventa roba da punchline veloce e in cui conta apparire fighi nella stessa maniera in cui lo sono le celebrità di MTV Cribs o dei programmi di VH1 che poi vediamo su MTV Italia. Ciò funziona ancora di più in quanto il tutto, compresa la ovvia dose di quello che gli anglosassoni chiamano edge (Nicki Minaj parla di pompini, Wayne è un ribelle tutto tatuato), è inserito in un contesto genuinamente pop (almeno per come il pop è concepito oggi). I beat sono tastierosi e cingommosi come si conviene e non si discostano (troppo) da certe patinate produzioni presenti sui dischi delle “dive” bianche del momento. Il remix di New York Minute potrebbe pure avere il cantato di Miley Cirus, per quanto ne so, e Bedrock, Ponytail e Shoppaholic (sic), non si discostano dalle basi che potreste trovare, chessò, su un album di Gwen Stefani. Ma ciò non basta. Messa così sembrerebbe l’ennesima formula, ma invece c’è di più. Gli artisti Young Money sono proprio inquadrati nella maniera giusta per incarnare lo spirito del tempo: auto-ossessionate, vacue, viziate star che poi un pubblicitario penserà a rendere “geni”, con buona pace di quelli che dovrebbero essere critici seri. Ma questo, volere o volare, è quello che li avvicina al pubblico. Un pubblico che si sentirà gratificato per avere capito la citazione di There’s Something Abut Mary e per l’intelligenza (???) del rimando ai Flinstones di Bedrock.
Flow d’apparenza e non di sostanza, lavoro sul ritmo vocale più che sui significati/significanti (vedi una certa ossessione per l’autotune e per l’allungamento di certe vocali), accostamenti pop scontati e ripetuti (vedi le ricorrenti associazioni “fly-Red Bull” e “bad-Michael Jackson”), e di nuovo la lente d’ingrandimento puntata più su sé stessi e sui propri capricci-feticci che non sull’ambiente circostante (vedi il discorso di Nicki Lewinsky, che farebbe ridere se non fosse sintomatico di una certa spettacolarizzazione del sessismo popolare): questi sono gli ingredienti di un successo che io penso nei prossimi tempi sarà inarrestabile. Se Kool G Rap, anni fa, raccontava le strade di New York, quelli della Young Money stanno in camera a specchiarsi, a bearsi della borsetta Gucci e a chattare prima di uscire a fare baldoria. E, alla fine, questo interessa ai sedicenni, non altro. Siamo noi ad essere il “passato”. Del resto, checchè ne possano dire Jay-Z e soci, il rap ha sempre funzionato in quanto musica da giovani (meglio se del sottoproletariato). E i giovani non vogliono rime interne a là Rakim, flow a prova di bomba a là Kool G Rap o concettualizzazioni a là KRS-One. Vogliono una sorta di McDonald’s del rap, dove l’apparenza figa del verso nasconde la piattezza caratteristica dei nostri tempi. E infatti non è un caso se sono proprio gli episodi più “classici” (le cover di All About The Benjamins e Doin' It) a spiccare di meno, con Nicki Minaj a fare la parte di una Lil' Kim senza la necessaria dose di epicità e in tono minore. Ma basta passare a un pezzo coi necessari lustrini, e Nicki torna a brillare nella propria superficialità.
O forse non si tratta di superficialità, quanto di rispondenza a certi canoni della modernità. Per essere obiettivi (e corretti) nei confronti della Young Money, Jay-Z, per quanto ci provi, non riuscirà mai a essere moderno nella stessa accezione di Lil’ Wayne (o del “fratello minore” Kanye West, per dire). Gli stessi che hanno acclamato The Carter III come un capolavoro, hanno trovato Blueprint 3 formulaico. Questo è un fatto. Eppure, all’atto pratico, si tratta del tentativo di fare un’operazione simile. Il problema è che Jay ci puo’ arrivare fino a un certo punto, essendo uno degli ultimi discendenti dell’era in cui si rappava in un certo modo. Se oggi lo standard di singolo rap è A Milli (word to Sasha Frere-Jones), è chiaro che uno come Jay-Z può ambire al rispetto della critica, ma il contatto con il pubblico “vero” di adesso è quel che è (scarso).
Ora (per favore non confutate le mie conclusioni, perché è un dato di fatto che gruppi seri vendono pochissimo e Khaled molto di più e ciò sarà sempre peggio in futuro) la domanda è semplice ed è una: come ci difendiamo noi dinosauri dall’estinzione?
Tutto nasce dall’ascolto del mixtape di DJ Delz, intitolato con il solito gusto criptico There’s Something Abut Nicki (tenete a mente il nome perché poi tornerà, nel discorso). Ascolto che, al di là dei gusti personali (se seguite il blog potete immaginare da che parte io stia), è interessante perché mi ha fatto capire come la mia specie sia da proteggere al più presto, in quanto prossima all’estinzione. Abbiate pazienza e seguitemi nel ragionamento, ché esso è, se non contorto, quantomeno non il massimo della linearità.
Partiamo da un assunto incontrovertibile: i mixtape di oggi sono probabilmente l’ascolto più interessante che si possa sperare di fare. Mi spiego meglio: il formato album, con buona pace di noi dinosauri e nonostante i tentativi (velleitari, secondo me) della Apple, è deceduto. Amen. Quante persone conoscete che hanno le playlist dell’iPod solo per gli album? Io mi guardo allo specchio, poi basta. A meno che non si tratti di “veri appassionati” di musica, qualunque essa sia, che però, a quanto mi risulta, non esistono più (chiedete conferma agli M.O.P.).
Le ragioni della morte del formato album sono molteplici: il discorso è lungo e non lo affronterò, ma è indubbio che ci sia un forte legame con la moderna modalità di fruizione dei media. Ovvero la modernità, che lo vogliamo o no, impone una fruizione veloce e, in qualche maniera, superficiale (senza stare a fare indagini sociologiche, il mondo preferisce leggere i tweet che non un libro. E parlo di velocità, non sto esprimendo giudizi sulla qualità).
In questo senso, deprivato il mixtape di ogni possibile valore commerciale (quanto avrà venduto Warning Shots 2 di Saigon? 30 copie?), il formato resta quello migliore per diventare una palestra dove l’artista può fare TUTTO ciò che vuole. Questa frase ambigua, nel mondo moderno, significa non certo sperimentare (almeno non nel senso tradizionale), ma essere sé stessi. Tanto meglio se ciò avviene in maniera amatoriale, con le proprie idiosincrasie e difetti innati, ché tanto l’ascoltatore vuole ossessionarsi ed essere ossessionato/ossessionante con quelli.
Oggi è il formato mixtape a fornire la maggior soddisfazione all’ascoltatore medio. Che si tratti degli ultimi album di Ghostface e Raekwon (che suonano esattamente come ci aspetteremmo da un buon mixtape), che sollazzano il (buon) gusto del fruitore “classico”, o degli ultimi “capolavori” di Gucci Mane o di Lil Wayne, che invece fanno leva sul cosiddetto “egocasting” dello stan ossessionato da un malposto senso di completismo nei confronti del proprio idolo, poco importa.
La ricollocazione del proprio rapper preferito nella “confort zone” di un cut-and-paste di versi e beat “riscaldati”, tenuti insieme dalle urla del DJ medio funziona, ed è il metro di giudizio cui la “modernità” dovrà confrontarsi, nel bene e (soprattutto) nel male.
Se avete seguito fino a qui e siete più o meno d’accordo con l’inevitabilità di certe mie conclusioni (che, ovviamente, non significa che mi rendano felici, giusto per esplicitare ulteriormente ciò che dovrebbe essere ovvio), non potrete non intuire dove sto andando a parare.
La Young Money è il futuro. Il motivo? Semplice, sta spingendo fino alle estreme conseguenze i prodromi di quello che nel mondo musicale in primis e poi nell’hip hop sta accadendo da anni. Come Necro porta alle estreme conseguenze l’oggettivazione della donna (ha, non vi aspettavate Necro nello stesso post di Nicki Minaj, vero?), la Young Money esaspera le velleità pop insite nel genere sin dal giorno che quel tizio di Los Angeles campionò i Funkadelic in quell’album di cui forse avete sentito parlare, The Chronic.
La Young Money è la cosa più vicina alla perfezione pop che sia mai stata concepita per quanto riguarda l’hip hop. Intanto, il roster è strutturato come quello di una boy band, se ci pensate. C’è quel senso di trasversalità, sia a livello regionalistico che di “ceto sociale”, che sta alla base di ogni moderna boy band. A livello di presentazione siamo di fronte alla quadratura del cerchio, a livello di marketing: Wayne è il “genio”, lo stralunato alieno che si autoproclama “best rapper alive” (e che nel paradossale mondo moderno, automaticamente per la massa lo diventa), Drake è il bello, lover-boy nordista di classe, Gudda Gudda il rapper del ghetto col tatuaggio in faccia, Mac Maine il “tradizionalista” (che viene sempre buono per gli adlib), e Nicki Minaj la versione ghetto-puttana di Britney Spears. Quanto è lontana una presentazione del genere dai Backstreet Boys?
Non è certamente sorprendente che altri artisti dalla visione simile a quella di Lil Wayne assemblino un roster simile. Vedi Bangladesh, altro “genio” di cui ho già parlato, e Kanye e la sua G.O.O.D. Music.
Ovviamente, Kanye (come G.O.O.D. Music) fallisce non solo per il proprio egocentrismo, ma anche perché a livello commerciale Malik Yusef e Consequence sono una palla al piede, e Bangladesh perché manca di una visione effettivamente pop e di una potenziale superstar con carisma (e infatti l’unico con “buzz” della sua crew è lui, a parte un po’ Muffy).
Invece Lil' Wayne ci vede bene. Se Weezy fosse un colore, diciamo il rosso, ogni membro della sua crew ne sarebbe una tonalità. E qui entra in scena Nicki Minaj, che sarebbe ovviamente il rosso cremisi, simbolo dell'amore e della lussuria. La sua immagine sessuale spinta fino al parossismo (ma idealizzata nella stessa maniera di quelle delle pop-star odierne) è talmente sopra le righe da diventare “altra” (la materia di cui sono fatti i sogni, per citare un poeta inglese di un certo livello). Nicki Minaj-Nicki Lewinsky è tanto coinvolgente e poco credibile quanto un Rick Ross che fa il boss del narcotraffico o Jeezy che sembra il boss della coca di Atlanta. Ma più ci si allontana da una visione realistica del sesso (Necro docet), più ci si avvicina alla dimensione ideale della mercificazione del sesso stesso. Funzionava per quello che Grant Morrison felicemente definiva “L.A. porn”, nella stessa maniera in cui funziona per la Britney Spears “adulta” e, ancora di più, per la nostra Nicki. E ciò non è casuale, se si pensa che la Young Money spinge il pedale soprattutto su quello che possiamo definire “twitter rap”, dove i riferimenti al crimine e al ghetto vanno via via rarefacendosi per lasciare spazio a una visione materialista del mondo in cui l’emotività diventa roba da punchline veloce e in cui conta apparire fighi nella stessa maniera in cui lo sono le celebrità di MTV Cribs o dei programmi di VH1 che poi vediamo su MTV Italia. Ciò funziona ancora di più in quanto il tutto, compresa la ovvia dose di quello che gli anglosassoni chiamano edge (Nicki Minaj parla di pompini, Wayne è un ribelle tutto tatuato), è inserito in un contesto genuinamente pop (almeno per come il pop è concepito oggi). I beat sono tastierosi e cingommosi come si conviene e non si discostano (troppo) da certe patinate produzioni presenti sui dischi delle “dive” bianche del momento. Il remix di New York Minute potrebbe pure avere il cantato di Miley Cirus, per quanto ne so, e Bedrock, Ponytail e Shoppaholic (sic), non si discostano dalle basi che potreste trovare, chessò, su un album di Gwen Stefani. Ma ciò non basta. Messa così sembrerebbe l’ennesima formula, ma invece c’è di più. Gli artisti Young Money sono proprio inquadrati nella maniera giusta per incarnare lo spirito del tempo: auto-ossessionate, vacue, viziate star che poi un pubblicitario penserà a rendere “geni”, con buona pace di quelli che dovrebbero essere critici seri. Ma questo, volere o volare, è quello che li avvicina al pubblico. Un pubblico che si sentirà gratificato per avere capito la citazione di There’s Something Abut Mary e per l’intelligenza (???) del rimando ai Flinstones di Bedrock.
Flow d’apparenza e non di sostanza, lavoro sul ritmo vocale più che sui significati/significanti (vedi una certa ossessione per l’autotune e per l’allungamento di certe vocali), accostamenti pop scontati e ripetuti (vedi le ricorrenti associazioni “fly-Red Bull” e “bad-Michael Jackson”), e di nuovo la lente d’ingrandimento puntata più su sé stessi e sui propri capricci-feticci che non sull’ambiente circostante (vedi il discorso di Nicki Lewinsky, che farebbe ridere se non fosse sintomatico di una certa spettacolarizzazione del sessismo popolare): questi sono gli ingredienti di un successo che io penso nei prossimi tempi sarà inarrestabile. Se Kool G Rap, anni fa, raccontava le strade di New York, quelli della Young Money stanno in camera a specchiarsi, a bearsi della borsetta Gucci e a chattare prima di uscire a fare baldoria. E, alla fine, questo interessa ai sedicenni, non altro. Siamo noi ad essere il “passato”. Del resto, checchè ne possano dire Jay-Z e soci, il rap ha sempre funzionato in quanto musica da giovani (meglio se del sottoproletariato). E i giovani non vogliono rime interne a là Rakim, flow a prova di bomba a là Kool G Rap o concettualizzazioni a là KRS-One. Vogliono una sorta di McDonald’s del rap, dove l’apparenza figa del verso nasconde la piattezza caratteristica dei nostri tempi. E infatti non è un caso se sono proprio gli episodi più “classici” (le cover di All About The Benjamins e Doin' It) a spiccare di meno, con Nicki Minaj a fare la parte di una Lil' Kim senza la necessaria dose di epicità e in tono minore. Ma basta passare a un pezzo coi necessari lustrini, e Nicki torna a brillare nella propria superficialità.
O forse non si tratta di superficialità, quanto di rispondenza a certi canoni della modernità. Per essere obiettivi (e corretti) nei confronti della Young Money, Jay-Z, per quanto ci provi, non riuscirà mai a essere moderno nella stessa accezione di Lil’ Wayne (o del “fratello minore” Kanye West, per dire). Gli stessi che hanno acclamato The Carter III come un capolavoro, hanno trovato Blueprint 3 formulaico. Questo è un fatto. Eppure, all’atto pratico, si tratta del tentativo di fare un’operazione simile. Il problema è che Jay ci puo’ arrivare fino a un certo punto, essendo uno degli ultimi discendenti dell’era in cui si rappava in un certo modo. Se oggi lo standard di singolo rap è A Milli (word to Sasha Frere-Jones), è chiaro che uno come Jay-Z può ambire al rispetto della critica, ma il contatto con il pubblico “vero” di adesso è quel che è (scarso).
Ora (per favore non confutate le mie conclusioni, perché è un dato di fatto che gruppi seri vendono pochissimo e Khaled molto di più e ciò sarà sempre peggio in futuro) la domanda è semplice ed è una: come ci difendiamo noi dinosauri dall’estinzione?
13 commenti:
Bello il post!Complimenti!
Come ci difendiamo?
Non lo so.. ma sono sicuro che più passeranno gli anni più assomiglieremo ai "vecchi" appassionati di musica che ci sono ora... che sono lì sempre pronti a bestemmiare sulla musica dei giovani e/o su quanto era bella la musica negli 'anta o saremmo li a menarcela sul sullo splendido suono del vinile (o cd)... o cose del tipo "quanto era bello avere collezione di cd o vinili"...
McDonald’s del rap
...e direi che questo paragone riassume alla grande il tutto. Con il menù grande in regalo la suoneria per il telefonino.
Noi dinosauri siamo destinati ad estinguerci, non si scappa. Se non altro abbiamo la possibilità di scegliere la vita su un'isola felice, finche morte non ci separi.
La speranza che nel sottosuolo dei dinosauri ci saranno sempre rimane, diversi, ma pur sempre dinosauri come la natura oggi ci mostra.
"siamo dei dinosauri. Il futuro non ci appartiene, e il presente fa’ di tutto per ricordarcelo. Di cosa parlo? Di un mixtape (DJ MP45 perdonami l’uso improprio del termine e Reiser abbi pietà di me) di Nicki Minaj, e di cosa se no?"
quaa ti sei salvato dai due talebani
"ma sono sicuro che più passeranno gli anni più assomiglieremo ai "vecchi" appassionati di musica che ci sono ora... che sono lì sempre pronti a bestemmiare sulla musica dei giovani e/o su quanto era bella la musica negli 'anta o saremmo li a menarcela sul sullo splendido suono del vinile (o cd)... o cose del tipo "quanto era bello avere collezione di cd o vinili"..." io lo faccio gia'
non ho capito una cosa: cosa c'entra tutto il discorso di questi che fanno sti mixtape molto calcolati/fatti per vendere e l'estinzione (penso di chi apprezza musica meno commerciale e piu'basate sulle skills, ecc)?
quando c'erano kid n play facevano rap commerciale nel 88, non e' che nel 94 quelli che apprezzavano bdp eran spariti perche' c'erano kid n play.
l'underground non lo vedo destinato a sparire , sicuramente non vende, ma nemmeno chi 'e mainstream sta vendendo molto, quindi e' tutto rapportato.
djmp45
ma che hai fatto con la copertina di paid in full, sembra un po' strana...
djmp45
non ho capito una cosa: cosa c'entra tutto il discorso di questi che fanno sti mixtape molto calcolati/fatti per vendere e l'estinzione (penso di chi apprezza musica meno commerciale e piu'basate sulle skills, ecc)?
Cerco di rispiegarmi. Questi mixtape sono lo specchio vero del nostro tempo. E specchiarmi nell'abisso, invece di risultare nell'abisso che si specchia in me, mi ha fatto capire che siamo destinati all'estinzione, souvenir da museo come quelli che "quanto erano belli i vinili".
ma che hai fatto con la copertina di paid in full, sembra un po' strana...
Colpa delle skills da fotografa di Suvi, che mi ha sfocato la foto in maniera, oltre che irrimediabile, bizzarra.
Scusa ma invece un compendium del little nemo di mccay dove lo trovo?
Grazie
Rarashixxx
Se Kool G Rap, anni fa, raccontava le strade di New York, quelli della Young Money stanno in camera a specchiarsi, a bearsi della borsetta Gucci e a chattare prima di uscire a fare baldoria.
Questo e' esattamente quello che odio ed il motivo per il quale non posso accettare questa gente.
Pero' ti diro'...non crediate a tutto. Non tutti in nord-america stanno in fissa con questa roba, anzi. Forse i 16enni...ma ormai molta gente piu' grande non sopporta piu' Lil Wayne...Drake non ha mai convinto tantissima gente...ecc, ecc.
Non so se chi ascolta altra roba rischi di estinguersi. Per me, ad esempio, questa gente non esiste proprio. Eppure c'e' parecchia roba in giro da ascoltare. Basta non ascoltare gli artisti del momento...quelli su mtv, ecc. MTV andrebbe vietata per legge e consiglio a tutti di non guardarla piu' (per diversi motivi). Si puo' pensare di estinguere se si pensa che questa roba e' quella che se la comanda in america, ma non e' cosi. Lo e' se ascolti cio' che dicono su MTV e nei media importanti (siti, riviste, ecc). Lo dico da tempo sul mio blog...lasciate perdere questa gente ed i vari Jay Z, Kanye, ecc. Fanno male. C'e' ancora tantissimo rap underground in giro, e ci sara' per sempre...quindi l'estinzione e' ancora lontana.
E cmq Jeezy girava (e probabilmente ci gira ancora, con quelli ancora liberi) con gente molto molto pesante...Rick Ross e' un buffone, ma Jeezy non direi. Girava con i tipi della BMF (Black Mafia Family) che avevano il controllo del narcotraffico in diversi stati dell'america e se la comandavano ad Atlanta.
Il tuo discorso manca secondo me solo di una precisazione anche se scontata: è limitato alla roba ultramainstream, per giunta in America (o al limite anche in Francia). Con questa aggiunta tutto fila impeccabilmente.
Per il resto si sopravvive come s'è fatto bene o male da dieci anni, cioè continuando a sbattersi (parolone!) per cercare nuovi artisti capaci di darti suppergiù le stesse soddisfazioni dei tuoi artisti preferiti.
Nelle periferie musicali come l'Italia questo poi è molto facile, visto che siamo abituati a questa costante ricerca. Molto semplicemente, ai Raf e alle Pausini di un tempo s'è sostituito Yung XYZ; ma nella sostanza ciò non cambia un granché per l'ascoltatore, visto e considerato che in media oggi ha milioni di possibilità in più di reperire la sua musica.
Senza contare poi che di dischi validi ne escono ancora, lo sai anche tu, solo che è un po' tutto il genere ad aver perso di fascino perchè questi vengono annacquati dalla monnezza. Per me la delusione di molti è dovuta più a questo fattore che non tanto alla carenza di album come Nation Of Millions o Strictly Business; in fondo penso che sia fisiologico che raggiunta una certa età un genere non possa più portare simili ventate d'innovazione.
Ah comunque Drake è la bufala del secolo, la Arisa del rap, il 3D0 dell'hip hop (e questa la capiranno solo i miei fratelli nerd)
Scusa, ma non ho capito bene la tua aggiunta.....pensavo fosse ovvio che mi riferissi alla roba ultramainstream.
E' un po' tutto che ha perso il fascino, non solo il rap. Cinema (solo esplosioni), tv (solo trash), e mille altre cose. E' la direzione nella quale sta andando il mondo....niente sa piu' di niente.
Lo dicevo gia anni fa...con il downloading illegale, le vendite sarebbero diminuite e quindi la gente per fare soldi doveva ricorrere a fare sempre piu' roba mainstream/commerciale, ringtones, ecc...quindi era ovvio che la qualita' sarebbe piano piano sparita.
E cmq neanche Khaled vende piu'...se non sbaglio era il produttore esecutivo per l'album dei Triple Cs (o cmq faceva parte del progetto in qualche modo).
Rispondo tardi perche' da casa 'sto cazzo di blogspot non mi fa collegare, chissà perche'.
@ E Money: il post è provocatorio, nel senso che comunque la gente che si aggrega intorno a certi punti meno "commerciali" si trova e si troverà sempre. Il problema è che uno dei motivi per cui mi piace l'hip hop è che incarna lo spirito del tempo.
Ecco, questo momento storico (ci scriverò un post, mi sa) sta passando.
L'hip hop farà (o ha già fatto?) la fine del blues e del jazz. Si trova roba buona, ma uno deve scavare nei meandri. A livello globale, dalla roba sputtanata non si esce (e non è colpa della Young Money, per nulla).
Per quanto riguarda Jeezy, a livello puramente dadaista, "I know Big Meech, the real Big Meech" è la più grande strofa di tutti i tempi.
@ Reiser: sono d'accordo con te, ovvio. Il discorso verteva proprio sulla capacità di agganciarsi allo zeitgeist, però, più che sull'innovazione. Non mi importa che l'hip hop sia innovativo, almeno in senso assoluto. Mi importa che colga lo spirito del tempo. E, in questo senso, siamo dinosauri.
Poi, io faccio parafrasi di Nietszche e tu te ne esci con citazioni nerd? Ma per favore...
P.S.: che Khaled non venda coi Triple C's mi fa solo piacere. Vuol dire che ancora c'è speranza...
@E Money: non ero stato chiaro, mi riferivo al pezzo di Antonio. Comunque trovo che il downloading illegale abbia un ruolo relativo nella gargantuesca produzione di merda attuale. Oddio, in realtà anche, ma se uno incide porcherie perchè vuole essere miliardario, per giunta atteggiandosi da Solimano de noantri comprandosi le cagatine sbirluccicose che fanno i riflessi, per me è lui ad essere un ingordo e avido cagone e non ci sono scuse.
Senza contare poi la capacità di discernimento del popolo, che vabbè...
@Antonio: non vorrei aver capito male, ma insomma... diciamo che il repz incarna lo spirito del tempo di determinati contesti. Penso dunque che anche l'esistenza stessa dei "dinosauri" con tutti gli annessi e connessi si possa definire parte di questa rappresentazione. Oltretutto davvero non so se nel mondo ci sia più gente che si esalta con gli eroi della Young Money e mongoloidi annessi piuttosto che con i dinosauri. USA e resto del mondo in questo mi sembrano mooolto diversi, e in termini di rappresentatività sospetto che ancor'oggi la roba classica/ortodossa rifletta di più lo spirito dei tempi.
Al limite, questo sì, il proliferare di questi cialtroni e dei loro imprescindibili micsteip rappresenta uno dei sintomi della crisi del capitalismo e della povertà che spinge a delinquere
@ Reiser: il discorso è complesso (una delle mie frasi preferite).
Parlando di zeitgeist intendevo dire che il mondo fino a ieri girava a tempo di rap. Diciamo da The Chronic a ieri. Oggi le nuove istanze mi portano a credere che per il mondo sia più facile identificarsi con questi solimani avidi e vacui di cui parli tu.
Perche' loro sono esattamente come i loro coetanei.
E ci seppelliranno, almeno a livello di connessione zen con lo spirito del tempo.
Per il resto, vedremo. Sicuramente l'Europa e' diversa dagli USA.
Eric e Parrish in carrozzella qui faranno sempre un po' di pubblico...
meno male.
Crisi del capitalismo? Alla fine non tutto il male viene per nuocere, mi sa. Allora viva Nicki Lewinski.
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