sabato 4 luglio 2009

DJ Muggs Uncut pt. 2

DJ Muggs è da oltre quindici anni il campione indiscusso di quel “gotico californiano” che si è imposto nella costa ovest come musica alternativa al G-funk di maniera, e che fonde senza sforzo elementi del “brown pride” messicano, sobrietà East Coast, funk “stonato” e influenze vagamente horror. Durante la seconda metà degli anni ’90, Muggs col suo stile ha forgiato il suono di alcune delle band più importanti per quanto riguarda il cosiddetto cross-over fra suoni hip-hop e rock, come Cypress Hill, Funkdoobiest e House of Pain, capaci di attingere a un serbatoio di fan fino a quel momento irraggiungibile per la musica “urban”. L’intervista è apparsa in versione editata nel numero 17 di Superfly e viene qui presentata per la prima volta in versione completa.

Previously: Part 1

Negli ultimi anni, l’attività dei Cypress Hill è un po’ rallentata, mentre tu ti sei dato da fare con “mash-up CD”, radio e nuove uscite dei Soul Assassins. È stata una conseguenza del fatto che i Cypress Hill stanno facendo uscire meno dischi, o viceversa l’attività dei Cypress è rallentata a causa dei tuoi progetti personali?
Beh, ti dico che cosa è successo veramente: ho deciso che non voglio più fare tournee coi Cypress Hill, fondamentalmente perché ci sono tantissime altre cose che ho sempre voluto fare e che non ero riuscito a fare nel corso della mia carriera. E mi sono reso conto che questo è il momento in cui voglio veramente fare altre cose al di fuori dei Cypress Hill, ai quali ho dato oltre venti anni della mia vita. Sono come fratelli, li amo, ma è arrivato il momento di fare altro. B-Real ha preso il comando del nuovo album dei Cypress Hill, mentre di solito ero io a stare al timone. E, non avendo fatto tour negli ultimi anni, ho avuto il tempo di fare altri dischi, con GZA, Planet Asia e Sick Jacken, i “mash-up CD” eccetera. E la seconda parte del piano è di ri-presentare i Soul Assassins ai ragazzi che non ci conoscono. Bisogna ricordare che alcuni di questi ragazzi avevano un anno, o magari non erano nati, quando siamo venuti fuori per la prima volta. Ho i miei vecchi fan, e me li devo tenere stretti, ma devo anche pensare a reintrodurre me stesso a nuovi fan senza fare dischi pop. Questo è parte della strategia, e non dovendo girare il mondo coi Cypress riesco a lavorare di più e riesco a produrre più musica.

Una delle cose interessanti della tua attività è che sei probabilmente l’unico produttore mainstream che non ha mai fatto cose pop. Come hai fatto a mantenere l’integrità artistica e vendere così tanti dischi? Hai mai sentito la pressione da parte delle case discografiche, in questo senso?
Oh si, ho sentito questa pressione molte volte. Credimi quando ti dico che sono entrato nel giro in maniera molto aggressiva, facendo quello che volevo e come volevo, e ho ottenuto il successo sin dall’inizio. Poi ci ho provato di nuovo ed ho avuto ancora più successo, e poi ancora di più e così via. Per cui mi sono reso conto di poter fare le cose a modo mio. Non ho mai dovuto fare compromessi: ci ho pensato e credo che se avessimo pubblicato i primi due album senza avere successo, probabilmente avrei dovuto cambiare e fare compromessi per essere in grado di fare sentire le mie cose e guadagnare, ma riuscire a fare le cose come volevo mi ha reso ancora più sicuro del fatto che non ho bisogno delle radio o di MTV per vendere. Farò quello che voglio e funzionerà così. Inoltre sono molto testardo, e questo è stato uno dei motivi per cui sono stato in grado di fare a modo mio. E ora non devo fare diversamente, perché mi sono costruito una base di fan su internet ed ho lavorato duramente in maniera da fare sentire le mie cose presentando la forma d’arte dell’hip-hop nella sua forma più vera, come è stata presentata a me. E siccome ora penso che molta di essa sia stata diluita, io sono qui a cercare di preservarne l’essenza, e questa credo sia ora la mia missione.

È questo il motivo del tuo legame con La Coka Nostra? Quanto sei coinvolto nel progetto?
In realtà praticamente per niente. Ho fatto una base per l’album. Sono solo amici, con Everlast siamo amici da anni e Danny Boy è un talento enorme: voglio bene a tutti e due. Recentemente ho conosciuto Ill Bill, circa un anno fa, ed è gente a posto. Li aiuto come posso, ma il mio coinvolgimento nel progetto è proprio minimo.

Negli ultimi anni hai realizzato album interi insieme a bravi rapper, a tuo dire come conseguenza delle tue esperienze con una band. Perché hai deciso di fare così e come hai scelto i rapper?
Uno dei problemi che ho dovuto affrontare, con gli album dei Soul Assassins, che ospitano 13 diversi artisti, è che è difficile fare le tournee. Dai tempi quando ho fatto uscire il primo album dei Soul Assassins, il giro dei mixtape la fa da padrone, per cui mi viene meglio fare un mixtape che un album, perché non devo avere la liberatoria per gli artisti o per i campioni, e i rapper appaiono gratis. Se invece si tratta di un album, all’improvviso le etichette vogliono soldi e i rapper pure. Ci ho riflettuto, ed ho pensato che forse potevo fare un album Soul Assassins con un solo rapper per volta, per cui posso fare i tour, posso farlo andare nei negozi e farlo arrivare alla gente. In questo senso, la prima scelta è stata GZA, che è un amico con cui avevo lavorato già. Erano anni che la gente ci diceva di fare un album insieme, e lo abbiamo trasformato in una partita a scacchi in musica. Questo ha fatto si che anche Jacken dei Psycho Realm volesse fare una cosa simile. Mentre eravamo in studio, Planet Asia era spesso lì, e mi è piaciuta la sua energia. Così abbiamo deciso di lavorare ad un progetto insieme, ed è venuto tutto piuttosto naturale ed organico.
Ma ora capisco che ci sono appassionati che vogliono un altro album dei Soul Assassins, e dunque ci sarà un Soul Assassins EP in uscita a febbraio, e poi l’anno prossimo uscirà ufficialmente anche Soul Assassins Vol. 3, l’album.
Al momento, stiamo anche lavorando al documentario che documenta la storia dei Soul Assassins, come ci siamo incontrati, dove siamo, dove stiamo andando e via dicendo. Siamo arrivati a circa un terzo e mi aspetto che sia finito fra circa un anno.
I ragazzi non sanno quale sia stato il nostro contributo, non sanno niente di me, Alchemist, Estevan e Mr. Cartoon, e bisogna far loro un quadro preciso.

Hai parlato di collaborazioni “organiche”: quali sono stati i problemi per mantenere tale organicità?
Non c’è stato alcun problema. Quello che intendevo a proposito di organicità era che non ci sono stati manager che si sono messi d’accordo per farci fare un album insieme, e non c’era neanche già un contratto con un’etichetta quando siamo entrati in studio. Io e GZA non avevamo nessun contratto, abbiamo fatto il disco e poi è arrivato il contratto. Stessa cosa con Planet Asia. Abbiamo registrato tutto l’album, girato due video, e successivamente ci siamo trovati un’etichetta. Non c’era nessuno a dirci quello che dovevamo fare, di fare una canzone per la radio, o un video speciale: eravamo noi a decidere, col dito medio alzato. Questo è punk rock, che ti piaccia o no, e questo è il nostro modo di agire.

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