domenica 5 aprile 2009

Thirstin Howl the 3rd, Uncut (parte 2)*

*Originariamente apparsa in versione tagliata su Superfly 18 col titolo di LO-LIFE ORIGINAL, Intervista a Thirstin Howl the 3rd e qui presentata in versione integrale per la prima volta.

Pensi che ci sia bisogno di più figure creative e personali, nell’hip-hop di oggi, o pensi che la creatività ci sia sempre, ma ci si concentri di più sugli aspetti negativi?
No, penso che sia proprio così: questo è quello che viene promosso commercialmente. Poi ci sono un sacco di artisti che sono veramente fedeli allo spirito dell’hip-hop, è solo che magari non possono farsi sentire. A livello commerciale, in radio passano solo certe cose che hanno preso il controllo, per cui sta alla gente cercarsi da sola quello che vuole sentire, e non ascoltare solo quello che le viene imboccato a forza.
Torniamo ai Lo-Lifes. Il movimento è partito da New York, anzi da Brooklyn, ma molto presto è diventato un fenomeno globale in tutti gli Stati Uniti. Come hai reagito? Eri fiero del fatto che la gente abbracciasse la tua cultura, o ti sembrava che te la stessero rubando?
Nel 1992, quando il fenomeno ha iniziato a diffondersi a New York, io ero in prigione, e non mi piaceva il fatto che si stesse diffondendo, e che chiunque avesse la possibilità di farne parte, perché, come ho detto prima, quando i generali erano in prigione, non c’era più quel principio di dare prova di sé stessi in qualche modo. Ma ora, da quando abbiamo iniziato a fare musica e questa è diventata una professione, ho cambiato atteggiamento, e sono fiero che questa cultura si sia diffusa dappertutto e che sia cresciuta tanto, perché non promuove certamente la negatività, solo uno stile di vita legato alla moda, all’interno dell’hip-hop. Sono molto fiero di come questo si sia diffuso in tutto il mondo.
Suppongo che però ci siano due aspetti: uno, che è legato al pubblico che abbraccia uno stile di vita ed una moda, e l’altro, che è invece legato ad altri artisti che si appropriano della vostra cultura. È questo il senso di quel video di youtube nel quale Fi-Lo se la prende con Kanye West?
Si, se la è presa con Kanye perché abbiamo visto delle interviste in cui Kanye ha affermato di essere “il re della roba Polo” (“Polo King” in originale, N.d.T.).
Non dico che siamo tanto ignoranti o stupidi che ce ne frega veramente un cazzo di Ralph Lauren a quel modo, ma dicendo quella cosa Kanye ha mancato di rispetto ad un sacco di persone, perché i Lo-Lifes sono veramente responsabili di questo stile di vita, e ci sono molti di noi, che avrebbero potuto essere “re della roba Polo”, che sono morti, dando a gente come lui l’opportunità di sbucare dal nulla. Non è che solo perché sei un artista di successo nell’industria musicale e sei parte di un meccanismo che fa un lavaggio del cervello generale, questo ti dia la possibilità di fregiarti di quel titolo. È qualcosa che ti devi conquistare: ci sono persone che sono state ferite e che sono morte, per questo. Kanye è un artista famoso, ha avuto molto successo a livello mainstream, ma quando era nell’underground non ha fatto nulla: non ha potuto ottenere il successo finché non ci sono stati i soldi e persone a sostenerlo.
Come artista underground, invece, non ha avuto nessun impatto, perché nel campo dell’underground la promozione e tutto il resto sono basati unicamente sul livello di skills, ed in quel momento lui non ne aveva abbastanza. In altre parole, è sembrato che si stesse comportando come se non riconoscesse la nostra esistenza. Non è che si deve dare importanza a tutto, ma in questo caso, sembrava che non ci stesse dando i giusti meriti per quello che abbiamo fatto per l’hip-hop e per la moda e stesse ignorando l’influenza che abbiamo avuto, facendo una dichiarazione del genere. Devi rispettare gli architetti che hanno gettato le fondamenta di quello stile di vita. Non proviamo amarezza, non siamo hater, è solo che deve capire che non è una questione di chi ha avuto maggior successo. A noi non importa nulla del suo successo. Siamo stati ricchi e famosi per tutta la vita, nella povertà. Eravamo poveri, ma avevamo tutto. Ecco cosa significa essere “skillionaire”.
A questo proposito, ma secondo te perché tanti rappers sembrano cercare di attaccarsi al carro della “Million Man Rush”, anche se non ne hanno fatto parte?
Tutto è dovuto agli standard dell’hip-hop di ora. Devi avere quella “street credibility” che ti porta rispetto e ammirazione. Ecco perché così tanta gente dice di essere parte del movimento. Come dico sempre, io sono uno dei fondatori originali e c’ero dall’inizio. Se io non ti conosco, non sei un “original” e non sei uno dei fondatori.
Ma tu che la “street credibility” ce l’hai, pensi che sia una cosa importante, o viene prima la creatività?
Per me, personalmente, la “street cred” non importa. Mi ricordo di quando uscì l’album dei De La Soul. Con la mia gang, ascoltavamo i De La Soul, nel 1988, e non ci ponevamo il problema se fossero gangster o no. Era tutta una questione di musica e creatività, ed era tutto ciò che ci importava.
Lo stesso vale praticamente per ogni altro rapper. Prendi A Tribe Called Quest: non ci siamo mai chiesti se gli A Tribe Called Quest fossero dei mollaccioni, o se fossero gangster, a causa della loro immagine. Non è mai stata una cosa importante. Per un vero “motherfucker” davvero questo non importa. Per me valgono solo la musica e la creatività.
Alcuni si spingono addirittura fino alla creazione di un finto passato criminale…
Perché non hanno mai vissuto quella vita. Voglio dire, chi è che vorrebbe passare tutta quella merda? Onestamente, non posso dirti che quello che ho passato fosse una mia scelta, sono stato costretto a prendere quella strada. Non avevo scelta. La mia vita era basata sulle carte che mi erano state servite, non ero certamente uno che voleva essere un gangster. Mi sono dovuto inchinare alle leggi della natura che si applicavano dove dovevo sopravvivere.
Parliamo della parte artistica del movimento dei Lo-Lifes. Ovviamente c’erano un sacco di persone interessate al rap. Come era la situazione per quanto riguarda gli altri elementi della cultura hip-hop, come graffiti e breakdance?
La maggior parte dei Lo-Lifes Originals e dei fondatori, soprattutto quelli del Marcus Garvey Village e di Brownsville, prendevano il nome dalle tag usate come disegnatori di graffiti. Da lì derivava anche molta dell’abilità come ladri: quando facevamo i graffiti, ci rubavamo le bombolette spray a vicenda. Fu quello il periodo in cui iniziò una grande competitività. C’era gente che andava nei negozi e rubava cento bombolette, e roba del genere: anche questa fase fu parte della nostra evoluzione. Stessa cosa per la breakdance. Io ero un breakdancer dall’inizio, e la break era qualcosa che volevo padroneggiare. Tenevo lo stesso approccio che ho oggi per quanto riguarda il rap. Avevo una grossa passione, mi allenavo ogni giorno per 5 ore e mi assicuravo di saper fare alla perfezione ogni mossa che vedevo in giro.
Balli ancora?
Diciamo che lo so ancora fare. Quando qualcuno non crede che ero in grado di fare quelle giravolte (“windmills and headspins” in originale, N.d.T.), gli dico di mettere i soldi sul tavolo e gli faccio vedere come è la situazione.
Vuoi parlarci un momento dei tuoi progetti attuali? So che c’è in programma un DVD sulla storia dei Lo-Lifes, vero?
Al momento, la mia etichetta, Skillionaire Enterprises, ha in vendita tre DVD che spiegano molta della storia dei Lo-Lifes, abbiamo un enorme catalogo di album, e ci sono in programma un sacco di nuovi progetti: un documentario sui Lo-Lifes, una serie di libri sui Lo-Lifes, un film sui Lo-Lifes (si mormora che Jay-Z sia interessato, N.d.T.). Abbiamo anche una linea d’abbigliamento Lo-Lifes. Per quanto riguarda la parte musicale, sono in programma i miei album nuovi (quello in inglese e quello in spagnolo), e l’album con Hurricane G. Anche Rack-Lo ha un nuovo album, così come Fi-Lo e Big Cousin, e c’è un’ondata di mixtapes che stiamo per mettere in giro.
Sempre tutto in maniera indipendente, vero?
Si, a meno che non ci si presenti una buona opportunità sarà così. Siamo sempre stati indipendenti dall’inizio, senza ricorrere all’aiuto di nessuno, e ci questo ci ha portato a fare tanta strada. Sono sempre fiero di dirlo. Ho sentito tanta gente dirmi: “Ehi, sei il mio rapper preferito che non ce l’ha fatta”, ma ai miei occhi io ce l’ho fatta un sacco di tempo fa, perché non sono mai stato parte di nessuna etichetta, e non ho mai visto nessuno che abbia raggiunto questi risultati senza essere parte di una etichetta discografica, e con passaggi radio e video giornalieri. Mi sento onorato di avere fatto tanta strada da solo, e di avere ottenuto i riconoscimenti che ho avuto solo grazie al mio talento.
C’è qualcosa che vuoi dire ai tuoi fan prima di lasciarci?
Si. Non andremo da nessuna parte, restiamo qui. Controllate sempre il sito www.thirstinhowlthe3rd.com per tutti i nostri album, lì c’è tutto il catalogo. Thirstin Howl the 3rd ed i Lo-Lifes sono qui, e resteranno nel mondo dell’hip-hop finché esisterà il mondo. Non vado da nessuna parte, tranquilli.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

john they're stealing è la prova della genialità di quest'uomo

Antonio ha detto...

^^^
Amen.