domenica 3 aprile 2011

L’Arte di Usare un Solo Produttore

Dr. Lecter, di Action Bronson, è un progetto solido, anzi solidissimo. Non starò qui a farne la recensione perché non ho né tempo né voglia. Quel che interessa, a questo livello, è che Action Bronson è un rapper validissimo che sceglie di rappare “all’antica”, nel senso che le variazioni al flow sono pochissime (e non è necessariamente un male, anzi) e soprattutto che Bronson decide di affidarsi ad un solo produttore, Tommy Mas (per quelli cui importa, Mas è il produttore di Team Facelift, un gruppo a metà fra true-school e fighetteria il cui maggior successo, finora, è quello di essere apparso nel video di Barbra Streisand dei Duck Sauce). Action Bronson e Tommy Mas optano per un approccio organico e super-funky, riminiscente di cose old school e allo stesso tempo quasi sovraprodotto, funziona praticamente sempre, rendendo il progetto il migliore di quelli usciti nell’anno in corso.
In questo senso, con tutte le differenze del caso, l’approccio di Action Bronson è molto simile a quello di Roc Marciano e del suo Marcberg, non a caso uno dei migliori dischi dell’anno scorso (forse il migliore, ma poco importa).
Roc Marcy aveva fatto tutto da solo, registrando in lo-fi, mentre Bronson (che pure sa produrre), ricrea quella classica alchemia beatmaker-rapper che tanto ha dato al genere, ma l’intento è esattamente lo stesso.
In questo senso, Bronson estremizza la linea dei compari Outdoorsmen Meyhem Lauren, J-Love e Shaz Illyork che, seppure affidandosi a un certo numero (nela maggior parte dei casi limitato) di producers, avevano cercato una omogeneità di fondo del suono (vorrei un album-EP di Shaz con Don Producci, per esempio), e riporta in primo piano un’arte dimenticata: quella di fare un album con un solo produttore, mossa vincente dell’ultimo decennio degli anni ‘90 (un nome per tutti: RZA) oggi caduta nel dimenticatoio a livello mainstream.
Ma, nelle frange più o meno recondite del genere, qualcosa si sta muovendo: Pete Rock, dopo avere registrato 80 Blocks from Tiffany’s con i Camp Lo,  sta per mettere in cantiere un progetto con Smif ‘n’ Wessun, mentre la grande speranza-hype del momento, Odd Future, ha stimolato una serie di paragoni con il Wu-Tang, non fosse altro che per il peso (anche musicale) del mastermind Tyler, autore della maggior parte delle produzioni. Se aggiungiamo che Random Axe (Guilty Simpson, Sean Price e Black Milk) sarà tutto orchestrato da Black Milk e che Return of 4Eva di Big K.R.I.T. (che fa tutto da solo) aggiorna con freschezza i canoni “southernplayalistici” della Dungeon Fam, si nota un trend che, alla lunga, al di là dei risultati, non potrà che avere un effetto positivo sul genere hip hop, al momento vessato da troppi rappers tutti uguali e da album formulaici. Il “superproducer” ha senso solo se aggiunge valore ad un album. Se è solo un modo per rendere facile la vita dell’A&R, non ci siamo. Ma ora, almeno, c'è speranza.


3 commenti:

Anonimo ha detto...

e soprattutto usa il montgomery, gangsta

Antonio ha detto...

Chi, Action Bronson? Usa anche i mocassini senza calze, veramente hardcore.

Anonimo ha detto...

grazie per le dritte! ora butto un orecchio ;) nico