giovedì 8 marzo 2007

They Used to Love H.E.R.

Il disco di Nas è uscito da un po’ di tempo, quindi avrete sentito la canzone Who Killed It?, in cui Esco, in maniera criptica e un po’ schizoide ci dà la propria versione su chi ha ucciso l’hip hop. Se ci sia stato un omicidio io non lo so, ma, nel caso, le persone che chiamerei a testimoniare, in quanto prive di alibi, sono le seguenti…

DJ Premier. Il primo nome forse non ve lo aspettavate, ma da quando Preemo ha iniziato a seminare bangers in tutti i migliori albums degli anni ’90 (sans Wu-Tang, ovviamente), si è creato un precedente. Intanto si è creato il fraintendimento che il produttore fosse più importante del rapper (cosa su cui si potrebbe discutere alla morte), e poi che bastassero un paio di basi buone per fare un disco. E la figura del produttore mercenario ha iniziato a rovinare tutto.
Dr. Dre. In concomitanza con Preemo, Dre ha sancito il principio di sopra. E poi lo ha portato ad un altro livello, dando origine al G-Funk come musica che da più importanza alla personalità che alla sostanza (vedi la carriera di Snoop Dogg).
Master P. Negli anni della No Limit, se non ha ammazzato l’hip hop, quantomeno ha tramortito il rap, vista la mole di ritardati al microfono venuti fuori da N. O. E poi ha dato origine all’onda materialista del Dirty South, di cui piangeremo le conseguenze per almeno altri 10 anni.
Sean Puffy Combs. (mi rifiuto di chiamarlo in altra maniera) forse il più grande venduto di sempre, uno che ha ancora il coraggio di fare finta di avere interesse per la cultura hip hop. E che si è costruito una carriera sulla morte del migliore amico. Ma in retrospettiva, le paillettes e il Crystal c’erano sin dai tempi di Biggie.
FunkMaster Flex. Uno dei candidati più ovvi, dopo lo scandalo del payola che ha fatto si che non siano più le strade a decidere che cosa è hot, ma un DJ pagato dalle case discografiche…
RZA. Forse un altro che non vi aspettereste, ma, se non fossero nati i Wu-Gambinos, probabilmente New York farebbe un po’ meno schifo… Errore in buona fede, ma pensate a tutto ciò cui ha dato inizio la saga di Bobby Steels e soci.
Scott Storch. Passare dai Roots a Brooke Hogan e Paris Hilton è sicuramente un bel salto. Come buttarsi da un grattacielo.
Timbaland. Timbo fa ancora peggio di Scotty (e non è un caso sia nato un beef fra di loro). E la colpa di avere reso accettabile al mondo la figura di Justin Timberlake non può essere espiata in alcun modo.
Pharrell. Vedi Timbo. Ricostruire (artificialmente) le carriere di relitti umani e bearsene facendo il figo nei video non è il massimo. Ora Pharrell è un sex symbol: è cambiato il mondo, da quando Noreaga gli dava del finocchio in pubblico…
Tragedy Khadafi. Altro che ha sbagliato in buona fede, ma costruendo la figura di Noreaga e dei CNN ha instillato nei rappers l’idea che uno può anche essere scarso, se ha personalità. Errore gravissimo.
Jay-Z. E veniamo all’ultimo sospetto, uno dei più compromessi. Come rapper, ha portato avanti troppi gangsta materialisti senza qualità (vero Bleek?), e come presidente della più grande etichetta rap di tutti i tempi non sta facendo niente per sviluppare nuovi artisti che possano infondere nuova linfa nell’hip hop. Strano, perché Kanye West e Just Blaze li ha fatti crescere lui…

1 commento:

Basnicchi ha detto...

ribaltato in più punti

lollissimo