martedì 4 luglio 2006

Della Falsità Delle Tesi su un Hip Hop Borghese

Qualcuno, se non sbaglio Tom Morello, si è recentemente lamentato della superficialità dell’hip hop (americano) odierno, invocando il ritorno all’età d’oro della “Black CNN”.
Se la prima parte del discorso ci trova tutti d’accordo (le charts hip hop sono ora piene di ritardati, che non hanno neanche la classe di un malato di mente come il Noreaga dei bei tempi, quello delle candele e dei cocker spaniel), la seconda, quella legata ad un presunto atteggiamento conscious dell’hip hop che è ora venuto a mancare, è una cazzata di proporzioni inenarrabili (quasi quanto quella pappardella che inizia così: “l’hip hop è l’insieme di quattro discipline, blah blah blah…”).
Tale giudizio storico, che anche Hegel troverebbe forzato, è legato ad una visione totalmente borghese del progresso musicale (anche se Morello forse inorridirà, a sentirsi chiamare borghese) ed è costante di una certa classe di appassionati di rap bianchi e col paraocchi.
Infatti, pensare che nel 1987, tanto per dire, l’hip hop fosse più conscious di oggi è, nella migliore delle ipotesi, un’ingenuità colossale, e, in quella peggiore, pura malafede.
Ridurre un’era ad un gruppo (perché di questo si tratta: il nome è Public Enemy) è, appunto, riduttivo. Chuck D e soci sono stati uno dei gruppi migliori di tutti i tempi, hanno fatto uno degli album migliori di tutti i tempi, ma non hanno certo rappresentato la totalità delle strade (se per hip hop si intende la musica della strada, ovviamente), né la schizofrenia di alcune delle istanze della gente di strada.
Ed invece sembra che i borghesi o i professorini con i calzoni XXL non abbiano capito che un genere musicale può avere anche più di un’anima, e che queste anime possono coesistere senza troppe frizioni. Come altrimenti valutare la spinta rivoluzionaria e, allo stesso tempo, la voglia di essere inglobati dal sistema (leggi: vendersi) del punk o la dualità perdizione-redenzione del blues?
Quando Chuck D e la Bomb Squad lanciavano bombe musicali sul sistema, Big Daddy Kane girava con uno dei più perfetti hi-top fades che si siano mai visti, portava con stile immenso le catenone d’oro e trombava Madonna… Lo stesso Kane che poi registrò Burn Hollywood Burn coi Public Enemy, badate bene (e Kane è il miglior rapper “veloce” di tutti tempi, ovvio).
Nello stesso periodo (ed un po’ prima) l’Intelligent Hoodlum Tragedy Khadafi registrava nella stessa crew dello scaccolatore Biz Marzie… E Marley Marl produceva anche L.L. Cool J (che nello stesso album aveva Mama Said Knock You Out e Two Different Worlds, come dire il primo e l'ultimo L.L. che registrano insieme).
Quando i Native Tongues si dilettavano su basi di sapore jazzato (quelle che i backpackers che oggi amano 9th Wonder odierebbero, paradossalmente…), Too Short (che è grande amico di Premier, incidentalmente) scriveva Blowjob Betty, quando Eric B e Rakim azzeccavano In The Ghetto, Sir Mixalot faceva canzoni sui culi… E tutto ciò non è in contrasto. Flip Wilson diceva: “I reserve the right to be a nigger”… ed aveva ragione.
La CNN del popolo nero non è mai esistita, almeno nell’accezione bianca: e questo per il semplice motivo che se fosse esistita avrebbe rappresentato l’idea platonica che alcuni radical chic newyorkesi (e non solo) hanno dei negri. E poi, in televisione non si trasmettono solo documentari e notiziari (di regime e non): a volte i film di gangsta, esagerati e parodistici, sono più interessanti…
Smontata la prima parte della tesi (anche se la suggestione della definizione dell'hip hop data da Chuck D rimane), è facile smontarne la seconda parte. Oggi ci sono tanti rappers che sono conscious in maniera più compiuta di quanto non lo fossero alcuni rappers di fine anni ‘80. E non parlo di quelli smaccatamente impegnati, tipo Talib Kweli, Mos Def e Common, tanto per fare tre nomi.
Parlo di gente come i Cannibal Ox, Jean Grae ed i Non Phixion. Che affrontano “l’impegno” (che parola di sapore antico) senza cessare di essere loro stessi. Del resto, una delle canzoni più impegnate che conosciamo non è forse Can’t Go To Sleep del Wu-Tang, dove alcune delle liriche più struggenti del gruppo di Shaolin vengono rappate da RZA e Ghostface ubriachi come zucche (su un campione di un minuto e mezzo preso paro paro da Walk On By nella- splendida- versione di Ike Hayes)?
Forse la verità è solo che nel 1987 molti dei rappers in classifica (e badate bene, ho detto in classifica, non in generale) avevano più skills di ora. Ma non c’è da meravigliarsi troppo: non è forse vera la stessa cosa del calcio?

1 commento:

Niccolò Storai ha detto...

Mi sento bene, adesso è il momento di riprendere in mano Lambo.
Ho dovuto staccare per tanto tempo ma sono sicuro che adesso ci siamo.
Voglio però ripartire da Zero, ristudiarmelo, reinventarmelo.
Ci prendiamo tutto il tempo del mondo.
Vedrai che tiriamo fuori una bella cosa.