mercoledì 18 maggio 2005

Rapper's Delights…

Parlando con persone che NON sono appassionate di musica, una critica che comunemente ho sentito muovere al genere hip hop è che non sarebbe “musica” in quanto non suonata da musicisti.
Analizziamo per un attimo l’incredibile superficialità di un’osservazione del genere: per fare un esempio banale, anche il più sputtanato artista italiano oggi fa comunemente ricorso all’uso di campionamenti (quando questo sia necessario), mentre pop stars del calibro di Christina Aguilera, Britney Spears e le Destiny’s Child lavorano in maniera routinaria con produttori hip hop come Timbaland, Rockwilder, 9th Wonder o i Neptunes.
Inoltre, ho riflettuto sul fatto che il mio problema con la musica rap (intesa come musica rap da classifica, distinzione non da poco) consiste proprio nel fatto che questa è suonata
Infatti, la musica hip hop da classifica, terreno di conquista dei produttori trendy del momento (io personalmente detesto i Neptunes, per esempio) fa ricorso ad una serie di tappeti di tastiere (vedi appunto Pharrel e socio) o all’apporto di musicisti che “risuonano” vecchi campionamenti (come fanno Elizondo, Storch, Kambon e tutti gli altri session men del gruppo di Dr. Dre) per dare loro nuove sonorità e creare un sound omogeneo.
Qual è il problema? Che il ricorso allo strumentista ed alla musica “suonata” porta necessariamente ad una perdita di edge: sentite i pezzi di Dre, peraltro sempre ben prodotti. Le basi suonano troppo “lisce”, e non “ruvide” come quelle campionate tout court, pilastro di chi rappresenta l’hardcore.
E che dire dei suoni “tastierosi” di Neptunes e Lil’ Jon? Roba buona per la classifica (e per qualche rapper disperato), ma niente di più.
Inoltre, altra cosa non trascurabile, il ricorso a session men porta ad un problema molto grosso. Eminem, per fare un nome, quando produce, ricorre agli stessi strumentisti che suonano per Dre, ma essendo un musicista MOLTO meno dotato, dal punto di vista della melodia, del buon dottore, il risultato è che le basi del rapper di Detroit suonano tutte uguali. Questo perché Eminem richiede a Louis Resto ed al resto (perdonatemi il gioco di parole) della gang di risuonare i motivetti che fischietta: evidentemente, la conoscenza della melodia di Eminem lo porta a riproporre melodie sempre piuttosto simili…
Il campionamento, d’altro canto, ha un’anima soul che, quando ricontestualizzata a dovere (detòurnata, per usare il termine situazionista) produce risultati sublimi. Un esempio? I beats di 9th Wonder, Kanye West e Just Blaze, o il cuore jazz-core (anche qui, scusate il gioco di parole) di Madlib e Pete Rock.
Insomma: meglio l’artificialità “viva” di un beat figlio di una delle più nobili attività umane, il crate diggin’, della naturalità falsa di basi suonate con la tastiera e concepite come guscio freddo che contenga quello che di fatto è un jingle, come accade per le canzoni di J-Kwon, Neptunes, o Snoop Dogg.

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