giovedì 10 luglio 2008

Memory Lane (Ovvero la Vera Storia dell’Hip-Hop Underground a Sassari)

Era il 1991. Due esperienze fondamentali per il rap italiano (Batti il Tuo Tempo) e sardo (In Sa Ia) avevano gettato le basi di quello che sarebbe diventato il movimento hip-hop nel nostro paese. Era il periodo delle cosiddette “posse”, e la situazione era molto fluida. Alcuni gruppi e collettivi stavano emergendo e creandosi uno stile (tipo il collettivo Isola Posse), ma le limitazioni tecniche rendevano l’hip-hop italiano una bestia strana: si trattava di rime pseudopolitiche su beats francamente scandalosi, di solito. Anche i cinghiali più assurdi tentavano la carta dell’impegno, spesso con risultati discutibili - vedi i Sa Razza che inveivano contro Bossi in maniera assai affine a come avrebbero fatto gli N.W.A… Ora che ci penso, c’è un modo migliore di inveire contro la Lega?
Ma torniamo all’hip-hop, che in quel periodo si chiamava rap e basta. A Sassari, manco a dirlo, non c’era niente. Solo io e mio fratello ci sgrezzavamo alquanto, insieme all’amico e “discepolo” Fabietto. Avevo acquistato il mio primo vinile (l’edizione americana di It Takes a Nation of Millions) nel 1987, mesi prima di avere uno stereo (la tecnologia all’epoca costava, e non poco), e coi dischi acquistati fra me e mio fratello (Fabio sarebbe diventato il terzo “socio” proprio nel 1991) avevamo una discreta esperienza in fatto di hip-hop, considerando che avevamo già una ragionevole collezione di cassette (in quel periodo non c’era ancora un importatore italiano, come Good Stuff di Roma, che avremmo saccheggiato fino alla chiusura nel 1998). Per capirci, questo era il periodo in cui imperava quella merdata di “hip-house”, in cui le mie compagne di scuola pensavano che “Yeahhhh Boyyyy!” fosse farina del sacco di Jovanotti e soprattutto in cui alcuni di quelli che sarebbero poi stati considerati i rappers “old school” di Sassari dicevano di ascoltare gruppi rap “tipo gli Snap!”…
Noi, dal canto nostro, avevamo già sviluppato un’estetica stile Def Jam dei tempi d’oro e, con un po’ di fortuna (e gite scolastiche a Parigi, Siena e Roma), riuscivamo sempre a reperire roba buona. Parentesi: oggi c’è Google, ma all’epoca non si sapeva nulla né degli artisti né soprattutto di date d’uscita e storie simili. In questo senso, avevo già sviluppato un sesto senso, cui devo essere grato, perché mi ha sempre sostenuto, consentendomi di non pigliare troppi bidoni (in pratica nessuno). Questo in un periodo in cui l’album di Vanilla Ice, in Italia, almeno per una questione di ignoranza (in senso etimologico), stava tranquillamente a fianco di Fear of a Black Planet, per capirci… Personalmente avevo già sviluppato un piccolo database mentale con i produttori preferiti e le etichette da seguire: Zeno Pisu, mitico DJ di house music delle discoteche del Nord Sardegna, aveva un negozietto vicino a casa ed era disponibile a ordinare dalla Germania, meno male. Come bonus, infamava la musica italiana e quindi aveva tutta la mia simpatia…
Ad un certo punto, forse dopo che Onda Rossa mi aveva fatto capire che si poteva adattare la metrica italiana a un beat come I Go To Work, e dopo che avevo scritto vari versi di dubbia efficacia in un inglese traballante, mi venne voglia di mettere su un gruppo, beata incoscienza.
Non ci volle molto prima che insieme a mio fratello Gianni riuscissimo a trovare un altro rapper ed un DJ. Erano due ragazzi di Sant’Orsola che non avevo mai visto prima (e che non ho più rivisto dopo), il DJ si chiamava Massimo, e il rapper mi pare Angelo.
Presi accordi con i due ragazzi, cominciammo a provare con loro, a casa del DJ. E qui iniziarono i problemi, poiché, per un motivo o per l’altro, non si riusciva mai a fare un cazzo. Ma comunque c’era un nome, Boorish Crew, e un obiettivo.
Nel frattempo, per citare MF Grimm, “this rap shit was really taking over”, e quindi a Sassari si fece la prima jam storica di cui si ha memoria, che comprendeva Assalti Frontali, il Generale (che ora, se non sbaglio, scrive come me su Superfly), W.A.R. e Sa Razza Posse, fra gli altri. Mi ricordo che ero lì con la buonanima del giornalista (all’epoca della Nuova Sardegna) Alfredo Murtula, che mi chiedeva informazioni per un articolo in cui, genialmente (ed in maniera intenzionale), riuscì a far passare Malcolm X per un rapper, il giorno dopo…
Mi pare anche di ricordare che il concertone fosse accompagnato ad una conferenza di stile sociologico (che palle ante litteram), cui dovevano partecipare alcuni dei “possisti”. Ovviamente io e mio fratello Gianni ci imbucammo e ci mettemmo a parlare con i W.A.R. di Nuoro, che all’epoca erano musicalmente molto influenzati dai Whodini (di cui rubavano le basi), e che poi si sarebbero trasformati negli storici Mehnir, forse il miglior gruppo di sempre della Sardegna per sostanza e potenza. Ricordo che Giampaolo dei W.A.R. (what up, man?) era molto ammirato dalla mia maglietta del Rhyme Syndicate di Ice T, che ho ancora da qualche parte e che, a decenni di distanza, spacca ancora. Piccola parentesi: non so se sul web sia presente alcuna testimonianza dei W.A.R nella prima incarnazione, ma erano veramente a livelli altissimi (meglio di altre bands molto più conosciute, tipo gli emergenti- all’epoca- Sa Razza)!
I discorsi con W.A.R. (e le battute scambiate con i Sa Razza) avevano confermato in me e Gianni l’idea di fare qualcosa col gruppo, ma c’erano dei problemi fondamentali: il primo era di ordine tecnologico, in quanto non possedevamo uno straccio di quattro piste o campionatore per fare delle basi decenti, e il secondo era di ordine filosofico: i Boorish Crew (o meglio, questo era il caso mi e di Gianni) non erano come tutti gli altri gruppi italiani dell’epoca. A noi non ce ne fregava nulla dell’impegno sociale in stile slogan urlato che caratterizzava i nostri colleghi. Noi ambivamo ad una patina di grezzo che stava per venire fuori anche da altre parti (vedi Lou X e la sua evoluzione), e musicalmente la nostra impostazione ci portava verso soluzioni che gli altri due componenti del gruppo (che non erano veri amanti del genere) non potevano comprendere. Ovviamente a livello di rap eravamo abbastanza scarsi, ma quantomeno avevamo le idee chiare.
Ad esempio, volevamo fare una canzone dal titolo Idiots Rule, dal tono un po’ anti-qualunquista di certe posse, col campionamento dei Jane’s Addiction (altro che Edan…).
Ovviamente, il DJ, con l’aiuto di un ragazzino un po’ fissato di rap che aveva un Amiga (e che ora fa il DJ di techno, mi pare si chiami Simone), qualche tempo dopo se ne venne fuori con un polpettone a base di batterie campionate dagli Amen Brothers (evviva l’originalità!) e campioni già vecchi nel 1992, che secondo lui era un beat serio…
La faccenda ormai volgeva al peggio, ed avevamo già sprecato un anno senza fare praticamente nulla. L’ordine fu definitivamente squassato dal “ritiro” di Angelo. Ci prendemmo una pausa di riflessione ma, in ogni caso, i Boorish Crew restavano in piedi. Massimo partecipò al campionato italiano della DMC, ed arrivò settimo, per dire. E allacciò i contatti con gli Articolo 31, che all’epoca stavano proprio iniziando. Contatti che, meno male, non si concretizzarono mai (almeno con noi: ci fu una band sassarese che poi entrò nel giro Spaghetti Funk, mi pare fossero i DS97).
Intanto, a Sassari altri gruppi di ragazzi avevano iniziato a fare hip-hop anche loro. In particolare, ce n’era uno che aveva tirato fuori una strofa degna del miglior Dolce Stil Nuovo: “Assessore Comunale/sporco criminale/fuori dal palazzo/ci avete rotto il cazzo”. Jim Jones sta ancora applaudendo, e Rick Ross la recita ogni notte prima di andare a dormire.
Ovviamente ci veniva da ridere, ma, a posteriori, quelli comunque si impegnavano, non non riuscivamo a fare nulla…
Comunque, con l’innesto di Alessandro, un amico del mare che aveva una cultura rock (e che forse era rimasto affascinato dall’esplosione del cosiddetto “cross-over”), nel 1993 ci apprestammo ad un’altra avventura (o dovrei dire l’ennesimo fiasco?).
Il filo conduttore era sempre Idiots Rule che piaceva anche ad Alessandro.
Nel mio palazzo abitava (ed abita ancora, per quanto ne so) Marco, un bassista di una certa notorietà in ambito sassarese, che aveva voglia di fare qualcosa di diverso (anni dopo sarebbe diventato berlusconiano…). Aveva messo su una band con due ragazzi di Alghero (Marcello era il batterista, l’altro non mi ricordo come si chiamasse e suonava la chitarra), e l’idea era quella che i 4 Boorish potessero contribuire a creare una band. Gli strumentisti suonavano un metal sui generis, un misto di Voivod e Alice In Chains, se riuscite a visualizzarlo: in una parola, schizoide.
Non era facile, ma si poteva rappare su quei tappeti sonori. In particolare, mi ricordo un pezzo durissimo, Jurnata ‘e Sole (nome in codice), che ci diede particolari soddisfazioni.
Sembrava fatta, ci quotammo per una saletta in via Vienna (il tempio musicale delle piccole bands, all’epoca) e fissammo un calendario di date per le prove. Il problema era che il batterista, il chitarrista ed il DJ facevano a gara a chi riusciva a sabotare meglio le prove con la propria assenza: erano molto ben coordinati e non si riusciva MAI a provare. Ben presto ci rompemmo i coglioni (in maniera molto street, direi).
Un paio d’anni dopo, DJ Massimo si vendette i Technics e si diede alla chitarra elettrica. Io invece mi comprai il primo Mac e iniziai a fare i primi beats.
In quelle due o tre volte che riuscimmo a provare, ricordo di avere sentito i primi passi di alcune delle bands hip-hop “classiche” di Sassari (sulle strumentali dei Cypress Hill di Black Sunday, a proposito di originalità).
E quella fu la fine dei Boorish Crew. Rimane di quell’esperienza un marchio, alcune rime scritte su fogli ingialliti e la testimonianza di quelli che ancora si ricordano del primo gruppo hip-hop di Sassari. Tutti gli altri sono venuti dopo.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

compito a casa per Antonio e 50 cent:
riuscire a scrivere un pezzo senza includere un dissing a qualcuno di successo per attirare l'attenzione. ;)
ilMago

Antonio ha detto...

Io non ho dissato nessuno, dai. Anzi, ho scritto anche quanto spaccavano i W.A.R. e i Menhir... e i nomi di persone che potevo dissare li ho volutamente tenuti fuori.
E poi, un post cosi' si scrive piu' per se' che non per attirare l'attenzione. Anzi, un applauso per essere arrivato in fondo!

vladeRG ha detto...

Minchia avevo 6 anni nell'87!!
Comunque la storia è una figata!
A presto Antò!

ps:oggi si è laureato Kabaddu credo che te l'abbia detto dato che gli hai dato piu che una grossa mano,abbiamo anche rappato alla tesi!

Antonio ha detto...

Sono troppo contento per Kabaddu... Avessi avuto piu' tempo lo avrei aiutato anche di piu'.
Rappare alla tesi? Caz, questo si che e' rappresentare l'hardcore!

Anonimo ha detto...

vogliamo gli mp3!....o forse una cassetta a giudicare dagli anni...comunque tra le "posse" dovevi citare la polenta posse..big up to papa gros! :)

Anonimo ha detto...

WORD!!!!

Anonimo ha detto...

gran bella storia Antonio, non sapevo che i W.A.R. fossero la prima incarnazione dei Menhir.

a proposito dei sunnominati Polenta Posse, a breve articolo e mp3 su http://www.bgsteam.it