Perché Dr. Dre NON È Il Miglior Produttore di Tutti i Tempi
Dr. Dre ha una carriera ormai quasi ventennale, una serie di dischi d’oro enorme e così via: non sarò certo io a negarne l’importanza storica.
Però va fatta chiarezza. Dre NON è il miglior produttore di tutti i tempi.
Per una serie di motivi.
Il primo è di natura strettamente tecnica. I campioni che usa Dre sono di solito abbastanza ovvi, non da vero digger. Si è costruito una carriera sui Funkadelic e ha usato Axelrod nudo e crudo per The Next Episode, ad esempio. Ottime scelte, ma troppo ovvie. E poi le batterie (smentitemi) non sono banging abbastanza.
Il secondo è di natura filosofica. Nel regno degli zozzoni, Dre sceglie un approccio pulitissimo: i suoni sono perfetti, non c’è pollo fritto, ed i campioni sono persino risuonati da musicisti.
Problema. Qui non stiamo parlando della perfetta canzone pop: Brian Wilson sarebbe in grado di apprezzare, noi no. Del resto, si parla di prendere il disco più sconosciuto e graffiato e trasformarlo in un’opera d’arte in quattro quarti, non di diventare un maestro delle dinamiche da studio.
Il terzo è di natura “etica”. Dre, durante tutta la carriera, ha notoriamente fatto uso di ghost.
La lista è lunghissima: DJ Yella, Daz, DJ Glove, Mel Man (il più bravo, forse), Scott Storch, Mike Elizondo, Fredwreck… e chi più ne ha più ne metta. Al di là del fatto che a parte Scotty e un po’ Fredwreck gli altri da soli non hanno fatto praticamente nulla, resta il fatto che è facile entrare in studio e dire a Scott Storch: “Fammi un riff di piano figo, che ci costruiamo su una canzone”. Anche se poi ti esce Still D.R.E., non va bene…
E poi succede che anche uno scarso dietro la consolle come Eminem si convince che così si può diventare produttori e fa mille cagate.
Il quarto è di natura ontologica. In mille occasioni, dalle accuse di omosessualità alle presunte lacrime provocate da Jerry Heller, ai ghost writer alle presunte liasons coi travestiti, la credibilità “street” di Dre è stata messa in dubbio. Preso atto che può fare quello che vuole, Dre non è decisamente un gangsta. E allora perché si atteggia?
Il quinto è di natura “storica”. Dre è fra i responsabili della commercializzazione del rap. Niente processi, ma è così. Quella patina di glamour che ha dato ai propri beat è anche la causa di tante cagate arrivate dopo The Chronic (da parte di altri, ovvio). Non sono più i tempi del G-Funk, che diede una (necessaria, all’epoca) spallata ad una East Coast troppo autoreferenziale e stagnante (No medallions, dreadlocks, or black fists it's just - that gangster glare, with gangster raps - that gangster shit, that makes the gang of snaps, uhh - word to the motherfuckin streets). Ora è la musica che esce dagli studi di Dre che ha bisogno di essere presa a spallate. Basta che non siano quelle del Dirty South, o siamo veramente fottuti.
Però va fatta chiarezza. Dre NON è il miglior produttore di tutti i tempi.
Per una serie di motivi.
Il primo è di natura strettamente tecnica. I campioni che usa Dre sono di solito abbastanza ovvi, non da vero digger. Si è costruito una carriera sui Funkadelic e ha usato Axelrod nudo e crudo per The Next Episode, ad esempio. Ottime scelte, ma troppo ovvie. E poi le batterie (smentitemi) non sono banging abbastanza.
Il secondo è di natura filosofica. Nel regno degli zozzoni, Dre sceglie un approccio pulitissimo: i suoni sono perfetti, non c’è pollo fritto, ed i campioni sono persino risuonati da musicisti.
Problema. Qui non stiamo parlando della perfetta canzone pop: Brian Wilson sarebbe in grado di apprezzare, noi no. Del resto, si parla di prendere il disco più sconosciuto e graffiato e trasformarlo in un’opera d’arte in quattro quarti, non di diventare un maestro delle dinamiche da studio.
Il terzo è di natura “etica”. Dre, durante tutta la carriera, ha notoriamente fatto uso di ghost.
La lista è lunghissima: DJ Yella, Daz, DJ Glove, Mel Man (il più bravo, forse), Scott Storch, Mike Elizondo, Fredwreck… e chi più ne ha più ne metta. Al di là del fatto che a parte Scotty e un po’ Fredwreck gli altri da soli non hanno fatto praticamente nulla, resta il fatto che è facile entrare in studio e dire a Scott Storch: “Fammi un riff di piano figo, che ci costruiamo su una canzone”. Anche se poi ti esce Still D.R.E., non va bene…
E poi succede che anche uno scarso dietro la consolle come Eminem si convince che così si può diventare produttori e fa mille cagate.
Il quarto è di natura ontologica. In mille occasioni, dalle accuse di omosessualità alle presunte lacrime provocate da Jerry Heller, ai ghost writer alle presunte liasons coi travestiti, la credibilità “street” di Dre è stata messa in dubbio. Preso atto che può fare quello che vuole, Dre non è decisamente un gangsta. E allora perché si atteggia?
Il quinto è di natura “storica”. Dre è fra i responsabili della commercializzazione del rap. Niente processi, ma è così. Quella patina di glamour che ha dato ai propri beat è anche la causa di tante cagate arrivate dopo The Chronic (da parte di altri, ovvio). Non sono più i tempi del G-Funk, che diede una (necessaria, all’epoca) spallata ad una East Coast troppo autoreferenziale e stagnante (No medallions, dreadlocks, or black fists it's just - that gangster glare, with gangster raps - that gangster shit, that makes the gang of snaps, uhh - word to the motherfuckin streets). Ora è la musica che esce dagli studi di Dre che ha bisogno di essere presa a spallate. Basta che non siano quelle del Dirty South, o siamo veramente fottuti.
4 commenti:
Accidenti, altrochè ala protettrice...Raggiunta la fama, si può tutto, a quanto pare (mi riferisco ai ghost producers).
Cristo, il dirty south... Già li vedo i rapper italiani (se andasse di moda, imiterebbero quell'attitudine al posto del gangsta, puoi giurarci) a ghignare con un "yeaaaaah! " stile Lil' Jon, ahahahah!
E meno male che il Dirty Dirty non va di moda...
yeeeeaaah!
ahah
Martini: magari non è il migliore di tutti i tempi però lo considero uno fra i primi 10, magari anche 5. Teniamo conto che ha attraversato le ere, dall'electro ad oggi, mantenendo quasi sempre la sua dignità. E questo non è poco.
@ Martini: verissimo, nessun problema.
Io non amo tanto il suo approccio, ma fra i primi 5 ci puo' stare.
Tecnicamente ne preferisco altri, pero' Dre ha cambiato la storia della musica in generale. Come non dargliene atto?
Il problema e' che ci sono (pochi) altri migliori di lui, e questo bisogna dirlo.
The Chronic, comunque, resta una pietra miliare a livello di produzione, un disco da studiare per chi vuole produrre. E li le batterie sono banging!
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